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Pitture rupestri grotta di Lascaux, Dordogna, Francia |
Fin dagli albori della
civiltà umana, se non da prima ancora, è stato necessario stabilire la
quantità
degli enti, misurandoli dimensionalmente e numerandoli. Si può facilmente
supporre che il concetto che oggi esprimiamo con il termine
quantità sia innato
e che esso sia stato impiegato per secoli “ante litteram”, cioè, in questo
caso, addirittura prima ancora che esistessero le parole. Ignoro come la primordiale
propensione umana nei confronti della determinazione della
quantità si sia
evoluta nei millenni e come la storia abbia assistito la progressione del
linguaggio, partendo dai gesti, sviluppandosi gradualmente nelle prime
espressioni verbali onomatopeiche e gutturali, attraversando una fase di
progresso lessicale, giungendo infine alla scrittura e alle prime lingue
antiche conosciute. È nel mondo greco che il termine trova finalmente un
significato filosofico: Aristotele, “’l maestro di color che sanno” (Dante, “Divina
Commedia”, Inferno, canto IV), ritiene la
quantità (
πόσον) una delle dieci
categorie che definiscono gli enti. Nel mondo latino la parola
quantĭtās,
derivata da
quantus, possiede la radice protoindoeuropea
*kwo-, caratteristica
dei pronomi interrogativi. Con il trascorrere dei secoli e con l’evoluzione delle
lingue, si è giunti all’attuale termine italiano
quantità. Chissà
nei prossimi secoli quali ulteriori mutamenti subirà il termine, quali nuovi
linguaggi si implementeranno da quelli esistenti e quali nuovi significati esso
acquisirà…
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