mercoledì 8 aprile 2020

Una grande quantità di "roba": Mazzarò STEP#06

"Le spigloatrici", Jean-François Millet, Musée d'Orsay, Parigi
Il viandante che andava lungo il Biviere di Lentini, steso là come un pezzo di mare morto, e le stoppie riarse della Piana di Catania, e gli aranci sempre verdi di Francofonte, e i sugheri grigi di Resecone, e i pascoli deserti di Passaneto e di Passanitello, se domandava per ingannare la noia della lunga strada polverosa, sotto il cielo fosco dal caldo, nell’ora in cui i campanelli della lettiga suonano tristamente nell’immensa campagna, e i muli lasciano ciondolare il capo e la coda, e il lettighiere canta la sua canzone malinconica per non lasciarsi vincere dal sonno della malaria: -Qui di chi è?- sentiva rispondersi: -Di Mazzarò-.” Sono le prime righe della descrizione degli incommensurabili possedimenti di Mazzarò, protagonista della novella “La Roba”, appartenente alla raccolta “Novelle rusticane” di Giovanni Verga. Fin dal principio della descrizione appare evidente la vastità e la copiosità dei possedimenti di Mazzarò. La fattoria “grande come un paese”, la vigna “che non finiva più”, l’uliveto “folto come un bosco” e i magazzini “grandi come chiese” sono solo alcune delle altre proprietà di Mazzarò. I suoi terreni sono così sconfinati che “pareva che fosse di Mazzarò perfino il sole che tramontava” e “pareva che Mazzarò fosse disteso tutto grande per quanto grande era la terra, e che gli si camminasse sulla pancia”. Il protagonista della novella viene introdotto gradualmente, descrivendo prima la grande quantità di roba di cui egli è in possesso, successivamente il suo aspetto fisico, la sua testa “che era un diamante” e le sue abitudini quotidiane, poi il modo in cui, con immensi sacrifici e sforzi, “colle sue mani e colla sua testa”,  era riuscito ad impadronirsi dell’amata roba, e, solo alla fine, la presa di coscienza che la terra “doveva lasciarla dov'era”. La roba, quella grande quantità di roba accumulata negli anni, tutto ciò che egli avesse, tutto ciò che l’avesse mai preoccupato e impegnato, nel momento della morte non avrebbe potuto andarsene con lui. Sorge quindi spontaneo domandarsi se la quantità che Mazzarò ha desiderato e accumulato nella sua vita sia veramente la quantità per cui lottare e struggersi nella quotidianità o se ci sia qualche altra forma di quantità, magari non materiale, per cui valga la pena affannarsi e faticare… “ai posteri l’ardua sentenza”.




Giovanni Verga
Fonte:
“ai posteri l’ardua sentenza” dal "V Maggio" di Alessandro Manzoni

Immagini:
in alto: "Le spigloatrici", Jean-François Millet, Musée d'Orsay, Parigi
a lato: fotografia di Giovanni Verga



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